Giovedì 18 Aprile 2024

CantaNapoli, ma bocche cucite sui redditi: Ottaiano e Tommy Riccio evasori per sei milioni

Napoli, 25 maggio 2012 – Addò ‘u tiempo s’arriposa chi ha sbagliato ce sta ‘e casa. Facile l’allusione alla prigione. Tommy Riccio della sua  “malavita napoletana” ne ha fatto cavallo di battaglia. C’è la redenzione, per qualcuno l’inno al crimine. Per altri, la malinconia del riposo in cella dell’uomo che ha sbagliato. Lo stesso che dint’a stanza e l’avvocato, altro brano celebre, decide 13 anni di una vita. Errori. Anzi, sbagli. Quelli che Antonio Ottaiano (nella foto) commette per amore. Per aver sbagliato con la donna che ama, e di cui ricorda le passeggiate in via Roma a girar negozi, pardon magazzini.

Sbagli, errori. Come quello, magari, di non aver pagato le tasse. Non tutte. Non abbastanza. O forse per niente. Per la Finanza I due imperatori della neomelodia napoletana avrebbero evaso il fisco nientemeno per sei milioni di euro. Lo dice la Finanza, in calce a un fascicolo d’inchiesta denominato Canta Napoli. Indagini tributarie che hanno portato alla denuncia dei due, il cui errore, anzi il cui sbaglio, sarebbe la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, unito all’occultamento delle scritture contabili.

Per evitare che si risalisse a loro come intestatari di beni di ogni tipo, l’espediente trovato è dei più vecchi, ma non altrettanto efficaci. intestare beni e disponibilità provento dell’attività artistica a terze persone, gente spesso all’oscuro di quanto accadeva. Alla madre di uno dei due risultano intestate moto di grossa cilindrata ed autovetture di lusso. Peccato che la signora non abbia mai ottenuto alcuna patente di guida. Frattanto, il patrimonio cresceva. E lo faceva mentre Ottaiano e Riccio, ciascuno coi suoi brani e col suo stile, si esibiva nelle piazza, a ricevimenti e matrimoni, a concerti e tournée.

Ma ora, chissà, per un po’ se ne staranno nell’ombra. Forse neppure passeggeranno in via Roma, come cantava Ottaiano. In attesa di un futuro che potrebbe scriversi, chissà, come quel celebre brano di Riccio, dint’ a stanza ‘e n’avvocato…

 

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