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Sabato 27 Luglio 2024

Fuga dal sindaco, anche Narducci getta la spugna

Napoli, 18 giugno 2012 – Dalla camorra di nomi storici e temibili, agli uffici di Palazzo San Giacomo, passando per Calciopoli. Giuseppe Narducci è stato per anni il volto della Procura di Napoli in giro per l’Italia e lo è stato proprio grazie all’inchiesta sui venerabili del pallone. Ma Giuseppe, detto Pino, Narducci è tutt’ora la memoria storica della malavita del centro antico, della Sanità, dei vicoli di Forcella, di Montecalvario. Un magistrato di quelli dalla risposta laconica. Che mai ti saresti aspettato di ritrovartelo in politica. Pardon, nella pubblica amministrazione cittadina. Fu il nome d’impeto della rivoluzione arancione, l’uomo che l’ex collega di toga De Magistris volle alla Sicurezza, alla Legalità. Simbolo di un’era che della Legalità e della Trasparenza ne aveva fatto ragion d’essere. Giuseppe, detto Pino, Narducci è pure l’ultimo capitolo che non t’aspetti, che mai avresti preventivato quando l’ultima amministrazione napoletana è stata battezzata e celebrata. Colpo di teatro. Di quelli a cui ci avrebbe dovuto abituare questa giunta, ma che ancora non l’ha fatto. Sorpresa, come lo è stato Roberto Vecchioni, dalla scelta del nome del cantautore milanese sulla poltrona maxima del Forum delle Culture, alla gettata di spugna per le polemiche su un cachet che pareva un azzardo in tempi di austerity. Così fu per Rossi, Raphael Rossi, il virgulto dei rifiuti, l’enfant prodige da Torino piazzato alla presidenza nientemeno che per risanare l’Asìa, la partecipata per la raccolta pattume in città, quando l’emergenza stentava a diventare un ricordo. Via pure Rossi, ma non per scelta dell’interessato. Silurato, così recitavano i titoli dell’epoca. Sul perché, si fondono almeno una dozzina di teorie. L’addio di Narducci è contenuto in una lettera di dimissioni indirizzata al sindaco. Fine dei giochi. Tutto annunciato da nubi addensate su palazzo San Giacomo da settimane. Nonostante le smentite del sindaco e il silenzio, tipico, del diretto interessato. Fine dei giochi per malumori su due temi su tutti: i rapporti del Comune con il top manager Alfredo Romeo, già coinvolto nel 1993 in Tangentopoli (quando ammise di pagare alcuni politici definendoli “cavallette”, cacciatori di mazzette), arrestato e poi scarcerato e scagionato nel tormentato procedimento Global Service. L’altro punto ruota attorno a scelte non condivise su Asìa: tra queste proprio la strana storia della cacciata di Raphael Rossi. Cosa sarà, ora, dell’oramai ex assessore alla Legalità. Che, come la legge impone, può pure tornare a fare il magistrato, purché in un distretto diverso da quello napoletano. E cosa sarà della giunta. Chi si incasellerà in quel posto oramai vacante. Si vocifera di un rimpasto. E di un cambio di assessorato per Sergio D’Angelo dalle Politiche sociali al Bilancio. Dove c’è però Riccardo Realfonzo, che piantò in asso la Jervolino, e che potrebbe fare lo stesso con De Magistris. A meno di un altro caso Rossi. E di un nuovo siluramento.

(giuseppe porzio)

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